Non se ne può proprio più delle siepi di Chamaecyparis (o Cupressuscyparis, il nome botanico pare cambiato) della varietà leylandii. Saranno anche siepi folte, che crescono in fretta e che formano muri verdi…ma possibile che nessuno si sia ancora stancato dell’uniformità, e, diciamolo anche, noiosità di questi prodotti monotematici nati da menti poco fantasiose? I “leilandi”, come sono chiamati sbrigativamente, creano sterili muri verdi tutti eguali, dalle Alpi alle Piramidi. Mi paiono senza vita e poco frequentati da uccelli o insetti. Mi spiace aggiungere che il loro odore alla lunga diventa anche sgradevole. Durante le potature provocano spesso reazioni allergiche. Ora ci pensano però malattie virali e fungine*, causate soprattutto dall’uniformità ossessiva, dalla monocultura, a decimarne le siepi. Con il bel risultato che – almeno da noi – vediamo siepi con parti ancora verdi; altri esemplari stan lì, con chiome brune e rinsecchite. Infine: si sradicano con grande fatica anche da defunte, perché come i cipressi, loro lontani parenti, hanno radici profonde, a fittone.
In quanto a noiosità, anche il lauroceraso non scherza. Quali dunque sarebbero le scelte di piante sempreverdi che potrebbero sostituire queste muraglie monocromatiche? Io amo gli allegri miscugli nelle siepi, se hanno poi anche fiori profumati, non ne saranno felici solo gli insetti. La scelta è vasta.
Un elenco di piante che in Toscana dovrebbe prosperare, formare siepi sempreverdi senza alcuna difficoltà di sopravvivenza, vuoi per la siccità, vuoi per attacchi fungini o di virus, è presto composto. Tutte quelle qui sotto elencate non hanno esigenze per il terreno e, quando si sono acclimatate, basta potarle regolarmente e diventano foltissime. C’è anche da annotare che il miscuglio è meno esposto a malattie: le piante si proteggono fra di loro, ormai lo sappiamo.
Iniziamo con un profumatissimo Osmanthus fragrans, chiamato anche Olea frangrans. Ha le foglie lucide e minuscoli fiorellini profumati che compaiono sia in primavera sia in autunno.
Il ligustro, sia quello comune sia il lucidum, è un vecchio amico da aggiungere; i fiori sono profumatissimi, le bacche nere copiose. Sono belle anche intrecciate nelle coroncine da appendere alla porta per proteggere la casa (un po’ di superstizione “botanica” è divertente e non nuoce a nessuno).
Bello -e sempreverde- è anche il Viburnum tinus, con bianco-rosate, piccole ombrelle di fiori e dalle bacche autunnali blu cangiante. Non ama temperature troppo rigide, ma da adulto arriva a sopportare tre, quattro gradi sotto lo zero.
Perché non usare il corbezzolo? Le sue bacche arancioni, rosa e gialle sono un po’ scipite ma mangerecce. Bacche invece dolci le ha anche la Feijoa sellowiana (si pronuncia “fegioa”), con un bel fogliame grigio-argenteo e fiori profumati. L’olivello spinoso –Eleagnus in diverse varietà- è un arbusto che non ha nessuna pretesa, profuma il giardino, e produce piccole “olive” dolci e succose.
Il mirto comune è una tipica pianta mediterranea, chiara indicazione per le sue virtù: sopporta siccità prolungate, perciò fa risparmiare innaffiature, ha fogliame profumato e si può usare in cucina.
Il lentisco, suo fedele compagno nella macchia mediterranea, è un suo perfetto accompagnatore assieme al melograno. Ho visto piante di melograno che formavano siepi persino in Slesia. La Mahonia ha diverse varietà: quelle grandi creano siepi invalicabili perché le foglie sono puntute e spinose. Non teme il freddo.
L’alloro è la pianta classica per la siepe all’italiana, basta non lasciarla da sola, perché allora fa sbadigliare come il “leilandi”. Lo accompagnerei con qualche cisto o un paio di alaterni. Le siepi si potano alla fine di febbraio quando gli uccelli ancora non nidificano; alcune si ripotano in ottobre per dar loro forma; forma che deve sempre essere a trapezio: la base deve essere più larga della sommità, per far arrivare la luce a tutto il fogliame.
Quasi tutte queste piante in genere hanno foglie piccole e coriacee. Resistono, ripeto, alle siccità più feroci. Non hanno grandi aspettative per il terreno, anzi: sassoso, cretoso, calcareo…va tutto bene. Basta che non sia umido.
*Le malattie fungine più comuni: Seridium cardinale e Didymascella. Per curarle servono prodotti dispendiosi, da applicare più volte durante l’anno.
Martha Canestrini
